Il cielo nel tuo corpo [Intervista]

Qualche settimana fa un sacerdote della nostra diocesi, don Massimo Vacchetti, ci ha chiesto di raccontare un po’ di noi e del libro per la rivista Collaboriamo dell’Opera Gesù Divino Operaio. Di seguito l’intervista in forma integrale.

Tommaso e Giulia chi siete? Cosa fate nella vita?

Siamo una coppia di sposi da 12 anni, facciamo parte della Diocesi di Bologna, e abitiamo in un piccolo paese che si chiama Sant’Agostino. Nella vita Tommaso è ingegnere, ma anche studente alla magistrale in Scienze Religiose e Giulia è psicoterapeuta e si sta formando in sessuologia. Insieme, per varie vicissitudini in cui vediamo la mano della Provvidenza, da alcuni anni ci stiamo dedicando alla diffusione del messaggio della teologia del corpo di San Giovanni Paolo II.

Da dove nasce l’idea del libro?

Il tema di questo libro, ovvero la lettura simbolica del corpo maschile e femminile alla luce della teologia del corpo, lo avevamo inizialmente sviluppato in alcune catechesi per i giovani. In un’epoca in cui sembriamo aver smarrito il nesso tra corpo e sessualità, ed il maschile e il femminile appaiono come qualcosa di non meglio identificato, ci sentivamo sollecitati a mostrare la bellezza della differenza sessuale e i significati profondi riposti dal Creatore nei nostri corpi. Via via che approfondivamo questo tema, coglievamo sfumature sempre più vere ed affascinanti di ciò che significa essere maschi femmine e cresceva in noi il desiderio di condividere questa bellezza. Anche i feedback dopo gli incontri e i corsi erano sempre molto entusiasti, tanto che spesso le persone ci chiedevano se esistessero dispense o testi su cui approfondire questo tema.

Questa curiosità e questo desiderio di approfondire da parte delle persone ci interrogava e così un amico frate domenicano (padre Roberto Viglino) ci ha suggerito di scrivere un libro per poter condividere con tutti questi contenuti. Da lì a è concretizzare l’idea ci abbiamo messo qualche anno, in cui nel frattempo sono accaduti due fatti cruciali che ci hanno permesso di scriverlo. Il primo è stato averne parlato con Robert Cheaib, teologo e autore, che ci ha dato il suo supporto, anche come editor, e questo ci ha incoraggiato a proseguire; poi, dopo qualche mese, il lockdown del 2020 ci ha dato il tempo e lo spazio mentale per dedicarci a questo progetto e così a fine 2020 il libro era pronto e a febbraio di questo anno è stato pubblicato.

Perché questo titolo per il vostro libro?

Cercavamo un titolo che fosse immediato e accattivante, che suscitasse curiosità e che facesse intuire che il corpo è molto più del corpo, che il corpo ha in sé un mistero che ci collega direttamente a Dio. Il sottotitolo invece spiega un po’ di cosa parla il libro, e cioè del corpo maschile e del corpo femminile secondo la prospettiva antropologica della teologia del corpo.

Vi ispirate a Giovanni Paolo II e la teologia del corpo…da dove nasce il desiderio o la curiosità di approfondire il suo pensiero riguardo la sessualità?

Guardando la nostra storia, ci piace pensare che non siamo stati noi a cercare la teologia del corpo, in un certo senso, possiamo dire che è stata lei ad averci cercato, o per lo meno a farsi trovare. Ci spieghiamo meglio: fin da fidanzati avevamo il desiderio di approfondire il tema dell’affettività e sessualità, perché nella nostra formazione è stato molto importante. E così, un anno dopo il matrimonio, ci siamo iscritti ad un master in Fertilità e Sessualità coniugale dell’Istituto Giovanni Paolo II di Roma e proprio lì abbiamo scoperto che esisteva questo progetto catechetico straordinario che ci ha subito affascinati per la sua concretezza e chiarezza e soprattutto perché lo abbiamo riconosciuto vero, capace di parlare senza moralismi direttamente al nostro cuore e alla nostra esperienza di donna, di uomo e di sposi.

Il corpo è un linguaggio. Se doveste riassumere in poche parole cosa dice il corpo femminile e cosa dice il corpo maschile?

Il corpo è un linguaggio, ma è più di un linguaggio. Il corpo a ben vedere è la nostra realtà identitaria, noi non abbiamo un corpo, noi siamo il nostro corpo. Spesso facciamo coincidere la nostra identità col nostro “io interiore” considerando il corpo soltanto qualcosa di biologico… in realtà dimentichiamo che Dio ci ha pensato da sempre, ci ha amato e creato esattamente così come siamo, in un’unità di corpo e anima che ci definisce come persona. Senza l’uno o senza l’altro la persona non esiste.

Ogni persona è poi pensata da sempre come maschio o come femmina, che non è solo una caratteristica tra tante, ma è ciò che definisce la nostra identità e il nostro destino. Come maschio sono chiamato a diventare sposo e padre, in qualsiasi vocazione, e come donna sono chiamata a essere sposa e madre, in ogni stato di vita.

È poi nella possibilità di diventare una sola carne pur restando due persone profondamente distinte che Dio ha impresso qualcosa di meraviglioso, ovvero niente meno che la Sua immagine. Ma questo è solo un assaggio, per cogliere la portata di tutto questo meglio leggere il libro. 😉

Il vostro libro sta riscuotendo un certo successo editoriale. In alcune realtà, lo si è adottato per parlare ai giovani. Eppure, si ha l’impressione che anche nella Chiesa sia sempre più marginale parlare di amore, sesso, vita, castità, fedeltà, fecondità in termini cristiani…Che esperienza registrate?

In effetti, nella nostra esperienza, abbiamo osservato da un lato un certo timore e imbarazzo nel parlare di questi temi, se non addirittura un certo smarrimento; in altre occasioni invece un approccio rigido e moralistico che è tutt’altro che affascinante. Queste due derive crediamo nascano dal fatto che la teologia del corpo è ancora troppo sconosciuta. Nel nostro piccolo, attraverso il libro, il blog e i corsi che proponiamo attraverso il Progetto Mistero Grande, ci auguriamo di aiutare a diffonderla, perché è un prezioso tesoro della Chiesa: esaustivo, chiaro, che parla al cuore e che affascina per la bellezza che il Creatore ha racchiuso nel suo progetto sulla sessualità e sull’amore, e crediamo perfino possa essere un canale importante per la nuova evangelizzazione, l’antidoto alla confusione che oggi regna nell’intera società sul tema del corpo e della sessualità.

«Maria ci mette nella “postura” corretta per accogliere la vita» [Intervista]

Un paio di settimane fa siamo stati intervistati dal direttore de La Voce alessandrina, il settimanale di informazione e di opinione della Diocesi di Alessandria. Si è trattato di un’intervista televisiva (visibile anche su YouTube) in occasione della festa della Madonna della Salve, ma da poco il sito del giornale ha pubblicato anche la versione trascritta. Di seguito il testo.

Giulia Cavicchi (classe 1986) e Tommaso Lodi (classe 1980) sono una coppia di sposi, blogger e speaker della diocesi di Bologna. Giulia è psicoterapeuta e Tommaso è ingegnere, ma è anche appassionato di teologia tanto che si è da poco laureato in Scienze religiose. La loro avventura con la teologia del corpo è iniziata nel 2010 a Roma, mentre frequentavano il Master in Fertilità e sessualità coniugale presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia. Per raccontare quello che hanno appreso in anni di studi ed esperienze, hanno creato il blog teologiadelcorpo.it e recentemente hanno anche pubblicato il loro primo libro,Il Cielo nel tuo corpo, Edizioni Tau.

Giulia e Tommaso: a un certo punto avete pensato di dedicarvi a qualcosa di cui non si sente parlare tanto spesso, almeno nei nostri ambiti, cioè di teologia del corpo. Avete anche scritto un libro su questo argomento… Ma come vi è venuto in mente?

Tommaso: «Tutto deriva da un incontro che abbiamo fatto nella nostra vita, quello con Giovanni Paolo II. Ecco, può sembrare strano associare la parola “teologia” alla parola “corpo”, ma dal momento che l’ha fatto un Papa siamo abbastanza tranquilli… (sorride). Di fatto se la teologia è lo studio di come Dio si rivela nella storia dell’uomo, la teologia del corpo è la riflessione su come Dio si rivela attraverso il corpo dell’uomo e della donna».

E la parte femminile della famiglia cosa può aggiungere in merito a questo?

Giulia: «Effettivamente ci siamo arrivati un po’ per caso… prima spinti dal nostro interesse sui temi dell’affettività, è vero. Ma poi ci siamo iscritti a un Master a Roma all’istituto Giovanni Paolo II, dove abbiamo incontrato effettivamente la teologia del corpo senza sapere prima che esistesse. È stato veramente un incontro inaspettato e sorprendente perché è davvero un tesoro non conosciuto, purtroppo».

Come possiamo definire la “teologia del corpo”, allora?

Tommaso: «Di fatto possiamo dire che è una riflessione antropologica che parte dalla rivelazione biblica, e si propone di rivelare il significato del nostro esistere come maschi e come femmine: chi sono io, qual è la mia identità, il mio destino, che senso hanno il mio corpo e la mia sessualità, come posso vivere una vita in pienezza… Ecco, tutte queste domande, come ci ha rivelato Giovanni Paolo II, sono racchiuse nel disegno che Dio ha sull’essere umano, sull’uomo e sulla donna redenti da Cristo».

Quali sono le domande più “scabrose” che vi hanno rivolto su questo tema?

Giulia: «La parola sessualità magari può far pensare a domande un po’ maliziose… Ma in realtà non ci sono state fatte domande di questo tipo: la gente ha una gran voglia di parlare di sessualità in maniera libera, autentica e profonda, perché di sessualità si parla tanto nella nostra cultura, ma se ne parla in maniera fondamentalmente superficiale e quindi è un po’ come se la gente avesse questa attesa di bellezza, di pienezza, di felicità. Poi però quando si scontra con la sua vita magari non è così, e quindi ha veramente tante domande: domande profonde, con tanto ascolto, con tanta voglia di cercare».

Insomma, il rapporto col proprio corpo trattato non come un pettegolezzo, ma come qualcosa di grande. In che modo la Madonna entra nella vostra affettività?

Tommaso: «Maria è una presenza importante per la nostra vita, anche se dobbiamo dire che è una presenza abbastanza recente perché è strettamente legata alla scoperta della teologia del corpo. Prima, per noi, ragazzi cresciuti in parrocchia all’ombra del campanile, Maria non era una figura così affascinante. Diciamo che era un po’ una statua di plastica azzurra con le mani giunte davanti alla quale dicevamo il Rosario nel mese di maggio. Invece l’incontro con Giovanni Paolo II e con la teologia del corpo ci ha rivelato una Maria veramente vicina a noi come madre della fede. Maria ci insegna cosa significa credere: cioè credere in fondo è veramente accogliere nella propria vita il Verbo di Dio, la Parola di Dio, il mistero di Dio. Credere è lasciarsi fecondare dallo Spirito Santo. Ecco, è quello che un po’ contempliamo nella preghiera dell’Angelus, che è diventata una nostra compagna di viaggio. Ogni giorno ci permette di metterci nella “postura” corretta per accogliere il dono della vita e della giornata che inizia».

Studiando la teologia del corpo, come è cambiato il vostro rapporto affettivo?

Giulia: «Sicuramente le domande che ci pone la gente ce le siamo poste noi per primi… la teologia del corpo ha cambiato il nostro approccio, e soprattutto ha risposto a tante domande. Devo dire che noi, ragazzi cresciuti in parrocchia, su questo tema non avevamo incontrato delle risposte che sentivamo vere per noi, per la nostra esperienza; ma avevamo incontrato un certo lassismo, come se su questi temi la Chiesa non avesse più niente da dire, oppure un moralismo un po’ rigido, delle risposte molto razionali che però non ci convincevano fino in fondo. La teologia del corpo ci ha fatto vedere quel filo rosso che lega la sessualità, il corpo e Dio, e quindi sicuramente ha reso anche la nostra fede, oltre che la nostra vita, più incarnata. Cioè ci ha fatto riscoprire il corpo, nella nostra fede e nella nostra vita, come un luogo fondamentale di relazione e di amore».

“L’amore tra sposi? È un dono di Dio!” [Intervista]

Domenica scorsa siamo stati a San Donà di Piave (VE), invitati ad accompagnare con una relazione e delle attività di riflessione guidata, la festa vicariale della famiglia. Il titolo della giornata era: Se tu conoscessi il dono di Dio. La sessualità nel matrimonio. In questa occasione siamo stati intervistati per l’inserto Vita in famiglia del settimanale diocesano La vita del Popolo. Per chi volesse leggere l’intervista la pubblichiamo di seguito.

“La sessualità, il sesso, è un dono di Dio. Niente tabù. È un dono di Dio, un dono che il Signore ci dà”. Giusto un anno fa Papa Francesco usava queste parole per rispondere alle domande di un gruppo di giovani della Diocesi di Grenoble-Vienne ricevuti in udienza. “Il sesso – ha continuato il Pontefice – ha due scopi: amarsi e generare vita. È una passione, è l’amore appassionato. Il vero amore è appassionato. L’amore fra un uomo e una donna, quando è appassionato, ti porta a dare la vita per sempre. Sempre. E a darla con il corpo e l’anima”. E tutto questo c’entra profondamente con il sacramento del matrimonio, con la fede e con la spiritualità che più si fa concreta e quotidiana più diventa autentica.

Lo spiegano bene Tommaso e Giulia, sposi della diocesi di Bologna da una decina d’anni, formati sulla teologia del corpo frequentando prima il Master in fertilità e sessualità coniugale presso il Pontificio istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia, poi il corso Theology of the Body Institute tenuti da Christopher West in America. Intervengono domenica all’incontro organizzato dal vicariato di San Donà di Piave su questi temi.

La “teologia del corpo” di San Giovanni Paolo II è riferimento cruciale. Cosa si può dire, in poche parole?

Sono 129 discorsi sull’amore umano che il pontefice polacco pronunciò nelle sue udienze del mercoledì dal 1979 al 1984, un profondo e sorprendente percorso composto in preghiera di fronte all’eucarestia. Per noi non si è trattato di una folgorazione, ma di una lenta scoperta di bellezza che è diventata progressiva trasformazione del nostro modo di vedere e di vivere la mascolinità e la femminilità, il matrimonio e tutta la nostra fede.

L’avete definita “un messaggio di redenzione, una straordinaria sintesi evangelica”…

Scorgere una risonanza profonda di queste riflessioni di Giovanni Paolo II nella propria esperienza di vita, nel matrimonio, nello sguardo sull’altro sesso…  Che bello poter decifrare il grido del proprio cuore assetato di pienezza e riconoscere che Cristo da sempre ascolta quel grido e desidera saziarlo. Che liberazione scoprire e riscoprire il senso del proprio essere corpo e della propria tensione erotica, osservando questo mistero dal principio fino alla sua prospettiva ultima e definitiva. Che meraviglia iniziare ad intuire la grandezza della chiamata al dono di sé, del senso del matrimonio, dell’unione sessuale, della castità, del celibato …

L’incontro titola: “Se tu conoscessi il dono di Dio. La sessualità nel matrimonio”. Qual è il legame tra sessualità e sacramento?

I sacramenti ci rivelano misteri spirituali attraverso segni fisici e concreti in cui siamo coinvolti con tutto ciò che siamo per essere uniti a Cristo. Noi abbiamo perso la capacità di cogliere il mistero dei gesti che compiamo nella liturgia, ma senza il corpo non ci sarebbero nemmeno i Sacramenti: senza l’immersione del corpo in acqua e l’unzione con olio non avremmo il battesimo, senza il mangiare l’unico pane consacrato non avremmo l’Eucaristia… Così è anche nel matrimonio, senza l’unirsi in una carne degli sposi non ci sarebbe il matrimonio sacramentale: non viene considerato valido finché i due sposi non si uniscono sessualmente. Questo perché le promesse che i coniugi si scambiano all’altare, di accoglienza e donazione reciproca totale, fedele e feconda, non possono realizzarsi “in astratto”, ma solo se tali “parole” si incarnano nella vita della coppia, e il rapporto sessuale compie tali promesse, le rende vere attraverso il corpo degli sposi.

Anche sessualità e spiritualità sono ambiti spesso considerati distinti, separati….

Questa frattura in parte è eredità di un certo approccio manicheo, che considera lo spirito superiore al corpo, ma è anche conseguenza di una educazione falsata dalla concupiscenza. Se infatti come educatore, consacrato o genitore, la mia sessualità mi crea problema, finirò per proiettarlo su di essa evitando l’argomento o trattandolo con rigidità ed intransigenza. La sessualità è un dono che Dio ci fa per immetterci sulla strada dell’amore. Senza eros infatti non ci innamoreremmo e senza di esso non inizieremmo ad amare: se Dio ha a che fare con l’amore, allora anche la sessualità ha a che fare con Dio.

Nel matrimonio si incontrano due persone diverse per eccellenza, uomo e donna. Come incide la differenza? E si ricompone? Come?

Tante volte essa diviene purtroppo fonte di dolorose fratture. Ma la soluzione non è, come pensano molti, arrivare a smussare gli angoli e livellare le differenze perché proprio la differenza è lo spazio dell’incontro e della realizzazione dell’amore. Se fossimo uguali quale arricchimento potremmo donarci? Se fossimo uguali non ci sarebbe nessuna intimità da costruire nel corso della vita. Certo le differenze creano delle difficoltà, specie in un’epoca come la nostra in cui si è fatto coincidere la felicità con l’autorealizzazione, ma il cammino del matrimonio è aprirsi ad un amore più grande, quello di Cristo per l’umanità, un amore capace di accogliere l’altro in tutto ciò che è per farlo fiorire nella sua bellezza e unicità di persona.

E’ facile pensare che la quotidianità irrompe e modifica le relazioni, spesso le “consuma”, le “logora”, le svela per quello che sono (o peggio)…

L’immaginario comune ci porta a vedere la quotidianità come un tempo di ‘apnea’ in cui tirare avanti in attesa del weekend o delle vacanze in cui finalmente godere la vita, le relazioni … La nostra esperienza ci dice invece che la quotidianità è quantomai necessaria per crescere nell’amore e quindi anche nella sessualità. Se non imparo ad accogliere l’altro fin dalle piccole cose di tutti i giorni, ad esempio la richiesta di mettere a posto le scarpe invece di lasciarle in mezzo alla stanza, come posso pensare che si senta amato? E se non si sente amato nelle piccole cose di tutti i giorni, come farà a vivere l’unione sessuale come dono autentico di sé? Una volta un sacerdote ci ha detto che l’amore o si fa 24 ore al giorno oppure non si fa nemmeno quella mezz’oretta in camera da letto. Ogni giorno ci è data un’opportunità per crescere nell’amore, questo però comporta il mettere al centro l’altro, e non noi stessi con i nostri piani e le nostre aspettative. È una fatica da fare, ma l’unica che porta alla comunione.

Il contesto di oggi, con tutti i suoi fraintendimenti, non aiuta…

Non ci avventuriamo in complicate analisi sociologiche. Se guardiamo alla nostra esperienza, ci pare di poter dire che tanti fraintendimenti sulla sessualità nascono dal mix di questi due fattori: innanzitutto l’aver ridotto la sessualità ad una funzionalità prettamente biologica che ognuno può gestire a suo piacimento come ambito di divertimento e piacere sganciato dal resto della persona. In più negli ambienti cristiani ci ritroviamo ad aver ‘assorbito’ una visione distorta che separa in modo netto anima e corpo, spirituale e carnale, come se ci fosse in ognuno di noi una parte buona e una cattiva, o se non cattiva comunque meno buona e importante della prima.

Voi cosa consigliate per il bene di ogni matrimonio?

La relazione va curata, bisogna ritagliarsi spazi di dialogo profondo, dove possa crescere l’intimità, che prima ancora di essere fisica è un’intimità del cuore, per imparare un po’ alla volta a svelarci all’altro, nelle nostre gioie, nelle fatiche, sentendoci rispettati e non giudicati. Imparare a chiedere all’altro ciò di cui abbiamo bisogno senza ferirlo è uno degli obiettivi più importanti da raggiungere insieme. Curare la relazione poi, significa anche liberarla progressivamente da tutte quelle aspettative che ci portano a pretendere che l’altro ci renda felici. Tanti cortocircuiti di coppia nascono proprio da questa pretesa, solo l’amore di Dio è in grado di saziare le attese del nostro cuore, l’amore umano è un dono per scoprire insieme l’amore di Dio.

(Articolo di Francesca Gagno)

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