Non solo che finisca presto, ma che finisca bene

«Non solo che finisca presto, ma che finisca bene», questo l’augurio che ci ha fatto qualche giorno fa un amico prete in relazione all’attuale situazione coronavirus. Un augurio che ci ha suscitato diverse riflessioni e che ci pare abbia anche alcuni punti di contatto col vangelo dei discepoli di Emmaus che ci accompagna questa domenica.

Conosciamo tutti il brano dei discepoli di Emmaus, questa coppia in cammino verso un paese poco distante da Gerusalemme. Essi stanno vivendo una grande angoscia, sono tesi, delusi e spaventati e discutono animatamente dei fatti accaduti a Gesù. Non capiscono come mai sia potuto andare tutto storto: si aspettavano un esito diverso, ma le cose sono inspiegabilmente precipitate. Discutono cercando di trovare le cause, di individuare i responsabili, di capire come sia potuto accadere.

Questa situazione pare in qualche modo accostabile a ciò che stiamo vivendo come cristiani in questa pandemia, con l’annessa quarantena. Non ci spieghiamo come sia potuto succedere,  come siamo arrivati ad una situazione così complicata e difficile da accettare sotto tanti aspetti. Perché da quasi due mesi tutto si è fermato e siamo barricati in casa?  E soprattutto perché il divieto di partecipare alla Messa? Possibile che non  esistano altre soluzioni? E allora ci tormentiamo: c’è chi si dispera, chi vede maledizioni divine, chi attacca le istituzioni per far ripartire le cose, chi urla al complotto. Certamente è una prova, percepiamo che ci è stato tolto qualcosa di vitale, ma un po’ come i due di Emmaus rischiamo di non accorgerci che il Signore Gesù è vivo e cammina con noi.

Nel brano, mentre i discepoli sono nel pieno delle loro lamentazioni, lo sconosciuto che cammina con loro (Gesù) gli chiede su cosa stiano discutendo. Lui che è stato il protagonista di quei fatti, si prende del forestiero, dell’ignorante e si fa raccontare il loro punto di vista. Poi per fortuna, ad un tratto, le recriminazioni si interrompono e finalmente, in quel breve attimo di silenzio, Gesù può prendere la parola:  spiega loro che anche quello che non comprendono può rivelarsi come mistero di salvezza, se guardato dalla giusta prospettiva, dalla Sua prospettiva. Ed ecco che finalmente la Sua parola inizia a scaldare i loro cuori confusi e turbati.

Ritornando a noi e alla nostra quarantena, vogliamo domandarci: abbiamo permesso a Gesù di parlarci, di spiegarci cosa si riferisce a Lui nella situazione che stiamo vivendo? Ci siamo accorti della sua presenza tra noi nell’ordinarietà del nostro difficile cammino quotidiano? Oppure abbiamo dato spazio solo alle nostre  frustrazioni e alle nostre lamentele?

Per fortuna Cristo è molto meno forestiero di noi nelle situazioni della nostra vita. Forse, se per un attimo cessassimo di lamentarci, potremmo metterci in ascolto di ciò che ci vuole dire.

In ogni caso, se glielo chiediamo, resta con noi. Gesù infatti, si ferma ad Emmaus con i due discepoli, entra in casa, cena con loro e si manifesta ai loro occhi. Qui essi possono finalmente riconoscerlo nello spezzare il pane. Questo riconoscimento però, non appare legato al solo momento eucaristico, ma rappresenta il compimento di un processo più lungo iniziato durante il cammino. Per la strada infatti, hanno camminato con lui, lo hanno ascoltato, si sono lasciati condurre fuori dai loro schemi e infine lo hanno invitato ad entrare nella loro casa.

Questa mensa di Emmaus, richiama certamente la Liturgia Eucaristica che tanto ci sta mancando in questi giorni di quarantena. Allora possiamo chiederci: quando torneremo di nuovo a partecipare alla Messa saremo in grado di riconoscerlo? Saremo in grado di riconoscerlo se lungo la strada della quarantena non siamo entrati in un rapporto personale con Lui?

Tante volte ci è capitato di partecipare allo spezzare del pane, senza che i nostri occhi fossero in grado di riconoscerlo, presente nella nostra vita.

L’augurio è che questa volta, quando torneremo a Messa, non sia così! Possa, questa attesa, scaldare il nostro cuore, così che possiamo presentarci alla prossima Liturgia Eucaristica pronti a fare memoria delle parole che ci ha detto, dei passi fatti insieme, delle nuove prospettive che ci ha aperto in questo tempo. Pronti ad offrire su quell’altare tutta la concretezza della nostra vita. Così la nostra Eucarestia tornerà ad essere un dono vitale che ci unisce sempre più intimamente a Cristo e ai fratelli.

Ci auguriamo che la riapertura al pubblico delle Messe sia ormai vicina, non lasciamoci quindi scappare questo ultimo periodo di quarantena, per riscoprire la Sua presenza nel nostro cammino quotidiano. Lo ripetiamo, lui è molto meno forestiero di quanto crediamo in ogni situazione della nostra vita.

Solo così tutta questa avventura potrà finire non solo presto, ma soprattutto bene.

Caffè teologico di coppia

Non so voi, ma per noi pregare insieme è sempre stata una sfida.

Lasciamo stare l’imbarazzo iniziale, da cui sono ormai passati tanti anni.

Le difficoltà di oggi sono principalmente scegliere la modalità (condivisione sul Vangelo del giorno o lettura continuativa della Bibbia? Preghiera spontanea o decina del rosario? La mattina o la sera? Tanto per dirne alcune!) e portarla avanti con perseveranza… tutto insomma!

In questa quarantena, durante la quale siamo a casa entrambi, ci siamo dapprima mossi un po’ a casaccio, ma poi abbiamo sentito l’esigenza di trovare un modo soddisfacente per pregare insieme, perché se non lo facciamo ora che condividiamo il tempo e lo spazio tutto il giorno, quando lo faremo? Non volevamo perdere questa occasione preziosa: può essere infatti il momento opportuno per iniziare una buona abitudine da mantenere, con i dovuti aggiustamenti, anche quando si tornerà alla normalità.

Così abbiamo deciso di sperimentare un po’ di strade e abbiamo trovato la formula che fa per noi, almeno in questo tempo.

Innanzitutto abbiamo pensato di tenere fermo lo spazio di preghiera personale che ciascuno di noi fa il mattino, meditando le letture del giorno. Come dice il nostro padre spirituale, è il cibo della giornata, è il pane che il Signore ogni giorno ti offre, e proprio perché Lui è vivo e presente nel qui e ora, anche la Sua Parola ci parla in modo personale, giorno per giorno. E infatti abbiamo sperimentato tante volte di ricevere proprio ciò di cui avevamo bisogno: una parola di consolazione, o di incoraggiamento, o una conferma rispetto a qualche scelta, o ancora, una parola di speranza.

Certo ci sono poi giorni, ma anche periodi interi alle volte, in cui sembra che la Parola non ci dica nulla… a volte perché siamo noi ad avere il cuore lontano e chiuso, altre volte invece perché è semplicemente così: come in tutte le relazioni, ci sono momenti in cui non abbiamo molto da dirci, ma questo non significa non poter godere della Sua presenza.

La preghiera personale è quindi per noi un momento irrinunciabile di incontro a tu per tu con il Signore e sentiamo l’esigenza di coltivarlo, convinti che non possa essere sostituibile dalla preghiera di coppia.

Ma accanto a questo spazio, ci mancava un momento da vivere insieme e quindi abbiamo deciso di fare seriamente e con continuità quello che già da tempo ci era stato consigliato, ma che fino ad oggi non eravamo riusciti a fare con costanza.

Il suggerimento era molto semplice: prendersi qualche minuto per condividere insieme ciò che il Vangelo del giorno ha fatto risuonare in noi nella preghiera personale, rispetto a quello che viviamo quel preciso giorno o periodo. In questo modo possiamo passare da una dimensione individuale, a una di coppia: cosa il Signore dice a noi come coppia, come si fa presente tra noi, cosa ci vuole comunicare come sposi?

Scelta la modalità, per aiutarci nella perseveranza, abbiamo pensato di legare questo momento ad un nostro “rito” quotidiano: il caffè del dopo pranzo. Abbiamo quindi istituito il “caffè teologico”: mentre lo prepariamo abbiamo tempo di ripensare alla Parola ascoltata il mattino e a ciò che ci ha suscitato, poi mentre lo beviamo insieme, magari godendoci un po’ di sole in giardino, condividiamo qualche pensiero. Non occorrono ore, ma solo qualche minuto in cui donarsi reciprocamente vero ascolto.

Abbiamo così scoperto un modo molto concreto e semplice per arricchirci reciprocamente e per godere dell’ispirazione creativa della Parola, tante volte infatti, ciò che uno condivide all’altro diventa pane per entrambi, e nutrimento che alimenta la comunione e l’unità tra di noi.

Quando si tornerà al lavoro non sarà più possibile prendere il caffè insieme dopo pranzo, per cui sarà necessario riprogrammare il caffè teologico, magari diventerà l’aperitivo teologico o il dopo cena teologico, vedremo, ma la nostra speranza è che aver goduto di questo momento, alimenti il desiderio e la fermezza di trovare, ancora una volta, il modo appropriato per pregare insieme.

Anche il tuo corpo fa Pasqua con Lui

Ci accingiamo a vivere una Pasqua del tutto particolare e certamente, visto il contesto attuale, tutti ci auguriamo che resti “unica”. Da parte nostra possiamo dire che desideriamo resti unica, non solo perché non si ripetano altre pandemie, ma anche perché tutti noi possiamo gustarla in un modo completamente nuovo.

Ecco allora che forse, più che coltivare l’amarezza per i riti a cui non ci sarà possibile partecipare, o abbandonarci al dispiacere per ciò che irrimediabilmente mancherà quest’anno, crediamo sia più saggio provare di mettere a fuoco ciò che di essenziale questo tempo ci ha lasciato, per vivere intensamente il mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù.

È vero, quest’anno non potremo andare nell’edificio chiesa per la Santa Messa, ma avremo forse la possibilità di riscoprire la Chiesa come «famiglia di Dio», come «famiglia di famiglie» che, insieme, si sostiene vicendevolmente in questa fase di difficoltà. Se siamo una coppia di sposi poi, la nostra casa è anche «chiesa domestica» a tutti gli effetti, perché la nostra relazione è abitata da Cristo. Ma soprattutto in quanto battezzati, siamo divenuti noi stessi tempio dello Spirito Santo, dello Spirito dei figli di Dio per mezzo del quale possiamo chiamare Dio, «Padre».

È vero, purtroppo non sarà possibile ricevere fisicamente il corpo e sangue di Cristo, ma avremo ugualmente la possibilità di accostarci al mistero eucaristico, che è il mistero del Suo corpo donato per amore. Un corpo reale: il suo sudore, la suo schiena, il suo capo, le sue spalle, le sue mani e i suoi piedi inchiodati alla croce, ci danno la misura schietta del suo amore per noi, concreto ed incarnato senza fronzoli e sdolcinatezze.

È vero, non abbiamo la mediazione di quei preziosi segni che solo la liturgia ci sa comunicare (il ramo d’ulivo, la lavanda dei piedi, il bacio della croce e la luce della notte di Pasqua), ma abbiamo la possibilità di riscoprire la nostra persona, il nostro corpo, che non solo è il segno più bello di tutto il creato, perché portiamo in noi l’immagine e somiglianza con Dio, ma è ciò con cui possiamo unirci al Padre nella preghiera per essere sacrificio vivente, santo e gradito a Dio.

Ecco allora che per cercare di penetrare un po’ di più il grande mistero pasquale, desideriamo proporvi una piccola meditazione da fare personalmente, “corpo a corpo” con Cristo, ispirata ad un testo di Jo Croissant. Una meditazione che crediamo ci aiuti a cogliere il mistero del divino e dell’umano, che in Cristo si sono uniti per non essere mai più separati.

  • IL SUDORE: il nostro nel Suo

«In preda all’angoscia, pregava più intensamente; e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra.» (Lc 22,44)

Mediante l’agonia di Gesù al Getsemani è stato santificato il sudore dell’uomo. Dio disse ad Adamo: “Con il sudore del tuo volto mangerai il pane”. Gesù suda sangue, quasi ad esprimere in modo radicale il dono di tutto il suo essere, corpo, anima e spirito, per la redenzione del mondo. Accetta di assumere le conseguenze del peccato originale e, con il sudore come gocce di sangue, riscatta tutto il lavoro dell’uomo. Quel sudore esprime l’intensità della sua sofferenza interiore, della sua lotta con il nemico, padre di menzogna, che cerca di convincerlo dell’inutilità del suo sacrificio.

Signore Gesù, ti rendiamo grazie per averci riscattati con il tuo sangue.

Ti offriamo il nostro lavoro, le nostre lotte interiori ed esteriori

Affinché tu le associ alla tua redenzione.

Non sia vano alcuno nostro sforzo,

non sia inutile alcuna nostra sofferenza,

ma tutto possa servire per la tua gloria e per la salvezza delle anime.

  • LA SCHIENA: la nostra nella Sua

«Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare.» (Gv 19,1)

Con la flagellazione Gesù ha offerto la sua schiena alla cattiveria degli uomini, accettando di soffrire nella sua carne le lacerazioni che il male e l’ingiustizia infliggono alla carne umana.

Signore, ti offriamo tutte le sofferenze presenti nella nostra carne.

Ti offriamo la nostra schiena ricurva sotto il peso di tanti fardelli.

Concedici di non sopravvalutare le nostre forze

E di non caricarci di fardelli che non ci chiedi portare,

ma di portare con gioia la nostra parte di sofferenza.

  • IL CAPO: il nostro nel Suo

«E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo» (Gv 19, 2)

Con l’incoronazione di spine Gesù offre il suo capo per ottenerci la purificazione della nostra mente.

Signore, ti offriamo tutto ciò che non capiamo della nostra vita,

tutto ciò che ci sembra senza senso, inutile

e che non riusciamo a controllare.

Signore, sia la nostra testa sottomessa al tuo cuore,

affinché non dimentichiamo mai che sei il nostro Creatore e Salvatore.

Proteggici dall’orgoglio e della presunzione.

Dacci l’intelligenza delle Scritture,

la comprensione dei tuoi misteri con il cuore.

Come Salomone, ti chiediamo

la saggezza di non giudicare tutto in modo umano,

ma di vedere ogni cosa nella tua luce.

  • LE SPALLE: le nostre nelle Sue

«Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Gòlgota» (Gv 19,17).

Nella via crucis, Gesù offre le sue spalle. Sarà schiacciato sotto un fardello troppo pesante per le sue spalle umane, conoscendo pienamente la nostra condizione di debolezza.

Signore ti offriamo tutto ciò che ci disturba, che ci tormenta,

ciò che è troppo pesante per noi e che ci schiaccia.

Aiutaci a non sottrarci ai tuoi disegni,

a portare la nostra croce con coraggio e con fiducia,

sapendo che la porti insieme a noi.

  • PIEDI E MANI: i nostri nei Suoi

Sulla croce offre i suoi piedi e le sue mani, immobilizzati, resi impotenti, affinché tre giorni dopo scaturisca la potenza della resurrezione.

Signore, ti offriamo i momenti

in cui ci fai vivere un’immobilità che ci crocifigge,

in cui siamo praticamente impossibilitati ad agire,

in cui dobbiamo renderci conto della sconfitta e della morte.

Vogliamo proclamare la tua vittoria sul male e sulla morte,

la nostra certezza che tu cambi il male in bene

con la potenza della tua resurrezione.

Ci siamo imbattuti in questo testo di Jo Croissant quasi per sbaglio, ma crediamo che, visti i tempi che stiamo vivendo, non sia stato un caso. Pensiamo che valga davvero la pena dedicare un piccolo spazio della nostra settimana santa a questo “corpo a corpo” con il Signore Gesù, per gustare ancora più personalmente ed intensamente come la Sua Pasqua non è qualcosa che riguarda solo il nostro domani e l’aldilà, ma riguarda sempre il nostro oggi, la nostra vita concreta nel corpo, in ogni suo aspetto. Lui è venuto per redimere tutto di noi; tutto ciò che siamo, in Lui, passa da morte a vita perché Lui solo fa nuove tutte le cose.

 Buona Pasqua di Resurrezione da Giulia e Tommy