Anche il 25 marzo di 20 anni fa era la festa dell’Annunciazione.
Era l’anno del Grande Giubileo, Papa Giovanni Paolo II stava vivendo il suo pellegrinaggio in Terra Santa e quel giorno volle celebrare questa solennità con una messa nella basilica dell’Annunciazione a Nazareth.
Oggi anche noi celebriamo questa solennità, ma com’è il nostro rapporto con questa ricorrenza liturgica?
Dobbiamo ammettere che nel nostro immaginario l’evento dell’Annunciazione ha connotati un po’ “fiabeschi”: Maria in ginocchio e di fronte a lei il classico ragazzone biondo con le ali che porta l’annuncio. Questo è un po’ il leitmotiv che l’arte cristiana ci ha consegnato e in verità spesso fatichiamo ad andare oltre quest’immagine per cogliere il contenuto simbolico di questo evento straordinario.
L’Annunciazione infatti non è stata banalmente una comunicazione di servizio da parte di Dio ad una sua creatura, tutt’altro: il mistero dell’Annunciazione custodisce in sé il mistero dell’incarnazione ed è quindi intimamente legato con la teologia del corpo, e di conseguenza alla vita di ciascuno di noi.
Maria con la sua risposta libera, con il suo “sì”, si conforma alla volontà del Padre, fa spazio nella sua carne, al Verbo della vita, al redentore del mondo. Maria tesserà nel suo grembo la carne del Figlio di Dio e dopo nove mesi lo genererà.
Karol Wojtyła, nel poema La Madre, immagina lo stupore di Maria che ripensa all’evento dell’Annunciazione :
«Questo momento di tutta la vita, dacché lo conobbi nella parola,
da quando divenne mio corpo, nutrito in me col mio sangue,
custodito nell’estasi –
cresceva nel mio cuore in silenzio, come un Nuovo Uomo,
tra i miei stupiti pensieri ed il lavoro quotidiano delle mie mani»
Questo evento è il mistero che fa di Maria la Madre di Dio e le consente di raggiungere un’unione con Dio inimmaginabile per le attese dello spirito umano fino ad allora.
Ma a ben vedere, questo è anche il mistero della nostra umanità: come ha più volte sottolineato Giovanni Paolo II, Maria rappresenta anche l’immagine di tutto il genere umano. Ciascuno di noi infatti è chiamato, come Maria, ad essere tempio dello Spirito Santo, ad accogliere la Parola, il Verbo di Dio.
Anche per noi infatti, come per Maria, la vita eterna, la vita piena, passa per un annuncio.
Anche in noi il Dio del cielo desidera dimorare per generare vita, comunione, bellezza.
L’esistenza di ciascuno di noi è fatta di tanti piccoli annunci, di tante “parole” che se accolte, posso fecondare la nostra vita e di riflesso anche quella altrui.
Ogni Eucaristia, ogni incontro con la Parola, ogni evento della nostra vita, può diventare per noi Annunciazione, momento in cui Dio si rivela e ci chiede la disponibilità ad essere accolto, ci chiede di fargli spazio, di dargli la nostra carne.
E se, come Maria, diremo il nostro “sì”, inizierà una gestazione feconda, generativa, che porterà vita.
Come abbiamo letto nella seconda lettura di oggi, Dio Padre non desidera sacrifici, ma un corpo ci ha preparato… Diciamo allora il nostro “Eccomi”, apriamoci a questo mistero e arriveremo anche noi a gioire cantando il nostro Magnificat.