Cento anni fa: Magnificat

Ricorrono oggi i 100 anni della nascita di un uomo straordinario: Karol Wojtyła, a cui Dio, come fu per Pietro, ha posto un nome nuovo: Giovanni Paolo II. Un uomo come noi, che ci ha insegnato che è possibile essere straordinari semplicemente accogliendo la paternità di Dio e la maternità di Maria.

Oggi vogliamo ricordare la sua nascita con alcuni versi di una sua poesia giovanile che celebra la vita, scritta tra la primavera e l’estate del 1939.

Il titolo è Magnificat, Karol la scrisse a diciannove anni, da giovane universitario, quando agli occhi del mondo “non era ancora nessuno”, ma agli occhi di Dio Padre era già un capolavoro.

In questi versi, il giovane Karol, come la Madre di Dio, prova a cantare il suo Magnificat, quasi stesse anche lui, come Maria, contemplando germogliare in sé l’opera di Dio.

Stupiscono queste sue parole appassionate di vita pensando al mistero della sofferenza che, nonostante la giovane età, lo ha già toccato più volte nel profondo, privandolo prima della madre (a soli nove anni) e poi del fratello maggiore.

Nella poesia risuona questo profondo amore per la vita, tanta gratitudine e fiducia in Dio ed appare fortissimo il contrasto con tutto ciò che da lì a poco si abbatterà su di lui con la seconda guerra mondiale e la perdita del padre nel ‘41. Eppure, oggi,  alla luce di tutta la sua vita straordinaria, in queste parole possiamo intravedere come una visione, un presentimento di elezione, egli lo definisce un «silenzioso presagio».

Non può non sorprendere, ad esempio, il passaggio «Esalta anima mia, Colui che ha gettato sulle mie spalle il velluto ed il raso sovrano», pensando al fatto che quaranta anni dopo, neoeletto papa, Wojtyła si affaccerà dalla loggia di San Pietro indossando la tipica mantellina del papa (la mozzetta) di raso rosso, colore che testimonia il sangue di Cristo Re versato per l’umanità.  

Lasciamoci allora toccare dalla melodia e dal contenuto profondo di queste parole e in questo speciale anniversario chiediamo con tutto il cuore la sua intercessione per un cuore da mistici come il suo.

– – –

Esalta, anima mia, la gloria del Signore,

Padre d’immensa Poesia – così buono

Egli ha cinto la mia giovinezza di un ritmo stupendo,

ha forgiato il mio canto sopra un’incudine di quercia.

In te risuoni, anima mia, la gloria del tuo Signore

Artefice dell’angelica sapienza – Artefice clemente.

Ecco, riempio fino all’orlo il calice col succo della vite

Nel Tuo convito celeste – io, il Tuo servo orante –

grato, perché misteriosamente rendesti angelica

la mia giovinezza,

perché da un tronco di tiglio scolpisti una forma robusta.

Tu sei il più stupendo, onnipotente Intagliatore di santi

– la mia strada è fitta di betulle, fitta di querce –

Ecco, io sono la terra dei campi, sono un maggese assolato,

ecco, io sono un giovane crinale roccioso dei Tatra.

Benedico la Tua semina a levante e a ponente –

Signore, semina generosamente la Tua terra

che diventi un campo di segale, un folto di abeti

la mia giovinezza sospinta dalla nostalgia, dalla vita.

La mia felicità – grande mistero – Ti esalti

perché hai dilatato il mio petto in un canto primordiale,

perché hai permesso al mio volto di tuffarsi nell’azzurro,

perché hai fatto piovere nelle mie corde la melodia

e in questa melodia Ti sei svelato in visione –

attraverso il Cristo.

[…]

Esalta anima mia, il Signore, per un silenzioso presagio,

per la primavera echeggiante di gotica nostalgia,

per l’ardente giovinezza – il calice inebriante di vino

per l’autunno che ha sembianza di stoppie tristi e di erica.

EsaltarLo per la poesia – per la gioia e il dolore!

– Gioia di dominare la terra, il cielo e l’oro,

perché nelle tue parole s’incarna la delizia e l’ardore delle generazioni,

perché Tu cogli questa maturità  che Ti si stende davanti.

Dolore – la tristezza serale dell’indicibile

quando la Bellezza ci avvolge in un’onda d’estasi.

[…]

E mi sento un angelo caduto –

una statua sul pietrame – sul piedistallo di marmo:

ma tu alitasti nostalgia nella statua e nello slancio delle braccia,

così si solleva ed anela – uno di questi angeli io sono.

E ancora Ti esalto perché Tu sei l’approdo,

la ricompensa di ogni canto – il giorno del sacro pensiero –

e la gioia echeggiante dell’inno materno,

il silenzioso compimento della parola – Sei il culmine, Eli!

Sii lodato, Padre, per la tristezza dell’angelo,

per la lotta tra il canto e la menzogna, il combattimento ispirato

dell’anima –

Tu annulla in noi l’amore per la parola

E spezza la forma che, come un uomo vano, si gonfia.

Cammino sui tuoi sentieri – io un trovatore slavo –

[…]

Sii benedetto o canto tra tutti i canti!

Sii benedetta, semente della mia anima e della luce!

Esalta anima mia, Colui che ha gettato sulle mie spalle

il velluto ed il raso sovrano.

Benedetto è l’intagliatore di santi, Slavo e profeta

Abbi pietà – io canto come un pubblicano ispirato –

Esalta, anima mia, con il canto e l’umiltà

Il Tuo Signore, con l’inno: Santo, Santo, Santo!

Il canto, ecco, si unifica : Poesia – Poesia!

– il grano anela come l’anima mia che soffre insaziabile –

– che i miei sentieri si stendano all’ombra di querce e di betulle,

che la mia giovane messe sia gradita al Signore.

Libro slavo di nostalgie! Echeggia sui confini

come squilli degli ottoni nei cori di risurrezione,

con vergine canto sacro, con una poesia reverente

e con l’inno dell’Uomo – Magnificat di Dio.

L’anima nostra magnifica il Signore per il dono della tua vita caro Karol .

E la tua Annunciazione?

Anche il 25 marzo di 20 anni fa era la festa dell’Annunciazione.

Era l’anno del Grande Giubileo, Papa Giovanni Paolo II stava vivendo il suo pellegrinaggio in Terra Santa e quel giorno volle celebrare questa solennità con una messa nella basilica dell’Annunciazione a Nazareth.

Oggi anche noi celebriamo questa solennità, ma com’è il nostro rapporto con questa ricorrenza liturgica?

Dobbiamo ammettere che nel nostro immaginario l’evento dell’Annunciazione ha connotati un po’ “fiabeschi”: Maria in ginocchio e di fronte a lei il classico ragazzone biondo con le ali che porta l’annuncio. Questo è un po’ il leitmotiv che l’arte cristiana ci ha consegnato e in verità spesso fatichiamo ad andare oltre quest’immagine per cogliere il contenuto simbolico di questo evento straordinario.

L’Annunciazione infatti non è stata banalmente una comunicazione di servizio da parte di Dio ad una sua creatura, tutt’altro: il mistero dell’Annunciazione custodisce in sé il mistero dell’incarnazione ed è quindi intimamente legato con la teologia del corpo, e di conseguenza alla vita di ciascuno di noi.

Maria con la sua risposta libera, con il suo “sì”, si conforma alla volontà del Padre, fa spazio nella sua carne, al Verbo della vita, al redentore del mondo. Maria tesserà nel suo grembo la carne del Figlio di Dio e dopo nove mesi lo genererà.

Karol Wojtyła, nel poema La Madre, immagina lo stupore di Maria che ripensa all’evento dell’Annunciazione :

«Questo momento di tutta la vita, dacché lo conobbi nella parola,

da quando divenne mio corpo, nutrito in me col mio sangue,

custodito nell’estasi –

cresceva nel mio cuore in silenzio, come un Nuovo Uomo,

tra i miei stupiti pensieri ed il lavoro quotidiano delle mie mani»

Questo evento è il mistero che fa di Maria la Madre di Dio e le consente di raggiungere un’unione con Dio inimmaginabile per le attese dello spirito umano fino ad allora.

Ma a ben vedere, questo è anche il mistero della nostra umanità: come ha più volte sottolineato Giovanni Paolo II, Maria rappresenta anche l’immagine di tutto il genere umano. Ciascuno di noi infatti è chiamato, come Maria, ad essere tempio dello Spirito Santo, ad accogliere la Parola, il Verbo di Dio.

Anche per noi infatti, come per Maria, la vita eterna, la vita piena, passa per un annuncio.

Anche in noi il Dio del cielo desidera dimorare per generare vita, comunione, bellezza.

L’esistenza di ciascuno di noi è fatta di tanti piccoli annunci, di tante “parole” che se accolte, posso fecondare la nostra vita e di riflesso anche quella altrui.

Ogni Eucaristia, ogni incontro con la Parola, ogni evento della nostra vita, può diventare per noi Annunciazione, momento in cui Dio si rivela e ci chiede la disponibilità ad essere accolto, ci chiede di fargli spazio, di dargli la nostra carne.

E se, come Maria, diremo il nostro “sì”, inizierà una gestazione feconda, generativa, che porterà vita.

Come abbiamo letto nella seconda lettura di oggi, Dio Padre non desidera sacrifici, ma un corpo ci ha preparato…  Diciamo allora il nostro “Eccomi”, apriamoci a questo mistero e arriveremo anche noi a gioire cantando il nostro Magnificat.